STORIA DEL MOVIMENTO ULTRAS IN ITALIA
… Per non dimenticare…
OGNI DOMENICA su questa pagina FB e sul sito/blog

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Venne pubblicata a puntate sulla fanzine "Stile Appiani" nel 2004, ora io la pubblico, sperando di fare cosa gradita, a puntate OGNI DOMENICA su questa pagina FB e sul sito/blog, www.magicfans.it

PRESENTAZIONE
Quando parliamo di "Ultras" in Italia, parliamo di qualcosa che, piaccia o meno è finito. Oggi, possiamo definire i ragazzi che frequentano le curve come "tifosi di curva", o "curvaioli"; comprendendo in questo insieme tifosi e casinisti, vecchio stile e "casuals". Chiunque a vario titolo frequenti la curva. Ma parlare di ultras ormai è anacronistico; e questo da molto prima di Raciti, da quando le curve ed i gruppi hanno cominciato ad autodistruggersi per lotte di potere interne, per politica, per interessi privati.

MOVIMENTO ULTRAS ITALIANO –- FINE ANNI “70

Le tifoserie italiane sono una via di mezzo fra le “torcidas” sudamericane (per via del tifo ruspante e caloroso) ed i “mob” inglesi (per via della violenza e degli scontri che si fanno via via sempre più feroci); e proprio questa morbosa ammirazione per gli hooligans porterà in quel periodo alcuni esponenti delle Brigate Gialloblù di Verona ad una serie di viaggi oltremanica, per seguire da vicino le gesta degli “Head Hunters” del Chelsea. Un fattore questo che nel corso del decennio successivo condizionerà non poco la storia degli ultras gialloblù
Gli anni ’70 si chiudono con una tragedia: il 28 ottobre 1979, pochi minuti prima del derby fra Roma e Lazio, un razzo sparato dalla curva giallorosa colpisce in pieno volto Vincenzo Paparelli, tifoso laziale appostato in Curva Nord, uccidendolo. L’intera giornata sarà funestata da gravi incidenti: nella stessa domenica scontri fra opposte tifoserie anche prima, durante e dopo Ascoli-Bologna e Brescia-Como.
Il mondo del calcio si sveglia sotto chock, chiedendosi il perché di tante cose.Forse il fenomeno era stato sottovalutato, forse gruppi estremistici finanziavano i tifosi più giovani, forse a qualcuno faceva comodo che le cose andassero così, forse. Alla fine, dopo tante parole, il governo se ne esce con la proposta di vietare striscioni riportanti nomi, slogan e simboli che possano in qualche maniera inneggiare alla violenza. Ne farà le spese il C.U.C.S Roma, costretto per qualche anno a cambiare nome in “I Ragazzi della Sud”, ne faranno le spese pochi altri gruppi in Italia.
Alla fine non cambierà proprio nulla, se non che l’Italia per la prima volta si interroga sul problema della violenza negli stadi, e per la prima volta il nome degli ultras balza agli “onori” delle cronache; tanto da ispirarne un libro, il primo libro sul tifo organizzato che uscirà di li a pochi mesi: “Ragazzi di Stadio” di Daniele Segre.
Per la cornaca: dopo molti anni l’intero mondo del calcio si dimenticherà di Vincenzo Paparelli, della sua famiglia, e di tutte le promesse fatte sul momento; gli unici che manterranno la promessa fatta di onorarne la memoria e di un fattivo appoggio alla famiglia saranno proprio un gruppo ultras, un gruppo di appartenenti a quella categoria che lo aveva ucciso: gli Irriducibili Lazio (questa comunque è un’altra storia).
La morte di Paparelli rappresenta per il movimento ultras una sorta di bivio: rialzarsi o sparire, essere fenomeno da baraccone o vero e proprio movimento giovanile. In poche parole: il clima repressivo che ne seguirà metterà per la prima volta gli ultras a dura prova, ed i ragazzi che in seguito a quella prima, piccola (rispetto a quanto il “democratico governo italiano” combina oggi) caccia alle streghe rimarranno al loro posto sulle gradinate diverranno delle vere e proprie colonne portanti del movimento ultras italiano.
Il governo se ne uscirà con la proposta di vietare l’esposizione di striscioni che possano inneggiare alla violenza: i vari Commandos, Brigate, Armata, ecc in voga all’epoca, in molti stadi diventano tabù; così come teschi, spade, stelle a cinque punte, aquile. Ma se da un lato il “potere” cerca di togliere, dall’altro concede: il neonato movimento, infatti, non è malvisto proprio da tutti, anzi molti Questori e qualche Ministro dell’epoca vede lo stadio come una valida alternativa alla strada.
Per capire meglio bisogna sempre ricollegarsi alla difficile situazione sociale della fine degli anni ’70: l’estremismo politico e la delinquenza comune andavano ormai di pari passo, così come i morti in nome di ideali che si stavano sempre più svuotando del proprio significato sociale per riempirsi solo di fanatismo; ormai non c’era manifestazione di piazza che non degenerasse in autentici assalti alla forza pubblica ed al patrimonio (auto bruciate, vetrine infrante, ecc.).
Di conseguenza la nascita dei gruppi ultras era vista anche come un modo per incanalare il disagio sociale e circoscrivere le bande giovanili sugli spalti, luogo in cui sicuramente erano molto più controllabili. Fu così che lo stato, nonostante tentasse di combattere con provvedimenti farsa la violenza negli stadi (i C.U.C.S. della Roma cambiarono nome in “Ragazzi della Sud” per qualche anno prima di tornare alla denominazione originaria, ma di fatto la gente che componeva il gruppo era sempre la stessa), si guardò bene dallo sferrare il “colpo” decisivo.

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